Entychema: una narrazione umana tra professionalità, clinica e poesia

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di Carmelo Zaffora*

Leggendo il prezioso libro di Giuseppe Seminara salta subito all’occhio la pertinente cifra stilistica e l’ordine del divenire narrativo. Egli, da sapiente curatore dell’anima, attinge largamente, nel suo operare clinico, alle sue esperienze umane, al proprio vissuto assistenziale, al dettato che ogni bravo medico deve assecondare nel proporre la propria soluzione di cura, alla dedizione verso la conoscenza dell’altro.

Dottor Giuseppe Seminara
In foto: Giuseppe Seminara

Proprio come recitava una nota frase tratta dal papiro della sapienza egizia, già nel secondo millennio B.C, “se vuoi curare qualcuno, ascoltalo“,  Seminara, in maniera veramente archetipica, trova modo di assistere e trattare i casi più diversi della condizione esistenziale in molti soggetti che, sfortunatamente, si trovano ad esperire il disagio mentale, sia come deriva ideativa, sia come naufragio sociale, sia come destino genetico, sia come doloroso viatico di una modalità di essere differente,  periferica, unica e, a volte, maltrattata.

Seminara conosce bene la materia. Non è mai pleonastico nello srotolare elementi descrittivi che lo hanno coinvolto e altresì cambiato. Egli infatti, alla stregua di illustri scrittori precedenti, come Ervin Goffman che affrontò, nel 1959,  la metafora del teatro per indagare l’importanza dell’azione umana e sociale, ponendo al centro della sua analisi la relazione tra recita e ribalta, oppure quella legata agli studi di Thomas Fuchs che ha sviluppato il concetto di mente incarnata, in cui la mente non è una funzione del cervello, ma si trova nell’interazione tra cervello, corpo e ambiente. O ancora l’aver fatto sue le intuizioni di Julian Jaynes, nel Crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza.

Entychema è tutto questo, e non solo. Dentro il libro si respira tanta intuizione, tanta capacità di conoscere, tanta curiosità e soprattutto empatia con i suoi assistiti che cambiano e producono cambiamento nello stesso curatore. Circolarità insomma. Proprio come un labirinto che, dopo tante spirali, conquista il centro, quello vagheggiato dagli dei e dagli eroi del mito. E non è un caso che egli, provenga da una terra la cui toponomastica è palesemente mitopoietica: Santa Maria di Licodia. Leucothea che, nella fondazione, celebrava la Dea Bianca, quella della Luce, il tutto, prima che Esiodo facesse diventare l’Olimpo al maschile, ponendo Zeus come comandante. Ecco perché niente accade per caso.

Ecco perché Seminara sente la necessità di affidare alle pagine scritte la sua personale testimonianza facendo della sua memoria un solco dentro cui piantare altri semi, altri futuri, altre speranze a cui affidare ciò che è stato svelato, la fonte a cui si può attingere con umiltà a illuminazione.

Seminara ha conosciuto e conosce. Entychema rappresenta la sua necessità, la sua Ananke, il motore senza il quale niente accade nell’universo, sia esso cosmico, sia esso particolare. Ed egli, con gratitudine agli stessi pazienti, li narra come se si trattasse di un racconto necessario, che batte alla porta della memoria, che desidera continuare, nonostante tutto, contro l’oblìo di tutte le cose. I suoi casi clinici sono infatti l’emblema e la bandiera di questo obbligo sebbene, nella storia europea, non manchino esempi letterari di grande impatto clinico, come fu il caso di Friederich Holderlin, Van Gogh, Nietzsche, Antonin Artaud, Neumann, Syd Barret, fondatore dei Pink Floyd.

I casi da lui descritti sono, da questo punto di vista, un vero e sentito tributo all’inconscio collettivo del consorzio umano. Melina delle bambole dimenticate, Michele della colpa, l’espiazione e il perdono, Antonio della rinuncia e dell’abbandono, Emilio, un’anima sola, che meriterebbe un Nobel per la poesia per aver “scritto al mio sospiro, il vento respirava, al mio guardare mi guardava il sole, e bei giardini con rose, gigli e viole, nel mio vago pensare, immaginavo”.

L’aver intercettato tutto questo ed essere posseduto dal Daymon della necessità, fa di Seminara un clinico come pochi. Egli non ha smarrito, anche attraverso la sua peculiare attività clinica, l’uomo che si cela dietro i suoi sintomi. Non ha dimenticato che curare significa andare oltre l’osservato, il lamento, l’oggettività del dolore, la malinconia ed anche certi comportamenti apparentemente bizzarri. Saper leggere significa aver imparato l’alfabeto. Scrivere significa combinarlo assecondando i propri pensieri. Seminara ha fatto tutto questo, con poetica sensibilità, senza mai abbandonarsi a sentimenti banali, senza mai indulgere a celebrazioni di facili narcisismi. Questo libro infatti va oltre quello che Bufalino aveva scritto nella sua Diceria dell’untore. In esso c’è materia, esperienza, stratificazione, rispetto, sogno di una terapia migliore.

Fortuna quindi a questo magnifico libro che, senza nessuna retorica, potrebbe essere adottato per gli studenti desiderosi di indagare il disagio mentale e il suo rimedio.

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*Carmelo Zaffora è nato a Gangi (PA) nel 1959. Laureato in Medicina nel 1984, lavora come Psichiatra a Catania. Negli anni ’90, a cura del Comune di Catania, ha organizzato diversi eventi letterari tra l’Irlanda e la Sicilia ed alcuni suoi testi sono stati pubblicati da Poetry Ireland e Windows Pubblications.

Carmelo Zaffora
In foto: Carmelo Zaffora

I suoi libri sono presenti alla Library of Congress di Washington D.C., Harvard University, Yale University e altre biblioteche internazionali come Zurigo, Toronto, Madrid, New York, Gerusalemme, Monaco di Baviera. Il suo ultimo libro, Migrazioni, riceve nel 2024 il Premio della Critica all’International Etna Book Festival. Ha pubblicato numerosi libri di poesia e narrativa: La Finta Macchia (1989), con prefazione di Dacia Maraini, L’Alibi (1991), Sikanie Poleis (1994), Ananke (1997), Golem Siciliano (2006), I Colori del Mito (2007), Le Confessioni di Abulafia (2013), Theophanie (2014), Mystico Mare (2016), L’Errando Verso (2018), Migrazioni (2023). Autodidatta, ha iniziato a dipingere fin dall’infanzia. Ha al suo attivo molte mostre personali in Europa e in Italia. Le sue opere pittoriche si trovano presso collezioni private in USA, Giappone, Svizzera, Francia, Italia e Israele. I mezzi espressivi utilizzati sono la pittura ad olio e l’acquerello. Principali mostre: Cefalù, Catania, Taormina, Modica, Caltanissetta, Comiso, Gangi, Martigny (Svizzera), Pithiviers (Francia), altre.

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